(2025) Un'altra mano di carte


Questa band di Ferrara ha pubblicato un album di debutto nel 2022 che ha ricevuto sia valutazioni elevate che commenti positivi dalla comunità, e meritatamente, in quanto erano stati un gruppo tributo al Banco che li ha aiutati ad affinare le loro notevoli capacità, avendo pagato il loro debito per 17 lunghi anni. Ora hanno appena lanciato la loro seconda uscita, ed è giusto dire che hanno raggiunto un nuovo traguardo. Questi “ragazzi” formano una “squadra” ben oliata che suona prog offensivo, con pochi freni o calci senza scopo. Ogni dettaglio è nitido ed emotivo, il ritmo infinitamente vario e la tecnica impeccabile. “Joker” è un tornado prog urgente, un’apertura da derviscio rotante che ha tutti gli ingredienti più gustosi per un’opera magna a tutto tondo in divenire. Riff colossali e ritmi fragorosi si uniscono per spazzare via sia la ruggine che la polvere, un basso strangolante che fa a pezzi ogni opposizione e un flusso vocale maschile che ha un tono di due passi italiani da Gentle Giant, il ritornello devastante e piacevolmente pomposo. Il pianoforte e il clavicembalo tirano fuori un paio di assi, le voci del coro di armonia forniscono una serie di regine rosse, un pacchetto di batteria bluffante per superare tutte le probabilità e un full finale per portare i gettoni alla cassa e avventurarsi nella notte. Profondamente radicato nella tradizione RPI di fondere folk italiano, musica medievale, prog e narrazione di altissimo livello, “Il Racconto di Juan della Sua Terra” si sottomette a questo stile emozionante con un fervore che solo un paio di ‘espressi corti’ potrebbero alimentare. Le nitide chitarre elettriche di Luca Trabanelli, i pattern di batteria a capriola di Paolo Bolognesi, un basso rettile malvagio per gentile concessione di Francesco Gigante e l’esagerata abilità alla tastiera di Antonello Giovannelli mantengono l’audizione senza fiato e stimolante. Intrecciati con la chitarra acustica, il pianoforte incisivo e il canto evocativo di Andrea Chendi, lo spirito e l’umore della spesso brutale conquista spagnola dell’America sono mantenuti al massimo livello, un vero lavoro di squadra che mette la musica in una storia con zelo operistico.
Ispirato al primo Natale della prima guerra mondiale, il maestoso epico “Natale 1914” di oltre 10 minuti suggerisce un umore cupo che aveva bisogno di essere galvanizzato dalla tradizione della famiglia, così profondamente intrisa di tradizione italiana, per superare l’orrore della Grande Guerra e i suoi interminabili sacrifici. Un omaggio ai milioni di giovani uomini, morti in vari modi raccapriccianti, dall’artiglieria di massa, alle cariche alla baionetta, alle mine esplosive e persino agli attacchi con gas mostarda che hanno strangolato la vita di molti coscritti. Ambra Bianchi aggiunge il suo lamento da soprano celeste a un colossale tema principale che è quasi eterno, il basso cobra che si avvolge come rotoli di filo spinato, le insistenti frasi della chitarra Trabanelli sono irresistibili, mentre il fragore della guerra si scontra con la serenità di una tregua tra belligeranti, questa è semplicemente musica meravigliosa. E basta!
Uno studio per pianoforte rivela la bellezza di questo strumento nel grandioso “?Non il Bergerac”, con eleganti doppie voci mentre Ambra e Andrea condividono i microfoni. Il coro sovrastante si innesta con fermezza mentre l’arrangiamento si eleva in un inno imponente, ogni nota è perfettamente posizionata, il ritmo è risoluto e l’assolo strumentale fa saltare il tetto, un’esplosione di synth scivolosa seguita da un’esplosione di ascia fragorosa, gli ingranaggi cambiano costantemente come il famoso cavallo rampante conosciuto in tutto il mondo. Un po’ di atmosfera da canzone tradizionale per fisarmonica per concludere. Bravo!
La deliziosa Ambra prende il sopravvento sulla vocalmente autorevole “Chita”, una toccante narrazione dell’emancipazione femminile e della lunga sofferenza degli abusi che le donne hanno dovuto sopportare, essendo viste come cittadine di seconda classe. La melodia centrale è roboante e sentita, il pianoforte e la chitarra danzano tra loro in completa collaborazione, con un flusso e riflusso costanti che tengono il piede saldamente sull’acceleratore. Il suo ultimo punto scat/wail è un punto culminante assoluto dell’album, non troppo lontano dal territorio leggendario di Clare Torry, mentre Bolognesi sincopa alla Bill Bruford sotto con entusiasmo atletico.
Il tuono e il fulmine riappaiono in “Storie Perdute”, una lezione entusiasmante di composizione prog di qualità, caratterizzata da pari quantità di vigore, contrasto, umore e passione. C’è persino una sezione fischiettante! Ogni membro può esaltare le virtù delle proprie capacità, come la dualità di organo e mellotron, alleati nell’etica del lavoro, mentre la sezione ritmica scatena il caos a ogni svolta, come una corsa controllata con innumerevoli ostacoli.
Già a gennaio, con 11 mesi a disposizione, questo lavoro fondamentale è già stato consacrato (e aggiunto) alla mia lista dei migliori del 2025

Se questo album fosse uscito nei primi anni ’70 oggi ne staremmo ancora parlando, sarebbe stato un capolavoro. Ascoltare “Un’altra Mano Di Carte” oggi fa venire in mente i migliori album di LE ORME e BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, ma non solo, qui ci troviamo di fronte a un prog sinfonico di ottima fattura. Gli amanti del genere ameranno questo album fin dal primo ascolto. Tuttavia siamo nel 2025 e per chi non apprezza abbastanza questa musica, questo album suonerà un po’ datato. LIMITE ACQUE SCURE con “Un’Altra Mano Di Carte” ci regalano sei tracce di ottimo progressive rock, suonate davvero bene al punto che la curiosità di vedere questa band dal vivo non è certo poca. Comunque credo che, nonostante l’anno sia appena iniziato, questo album sarà molto probabilmente tra le migliori produzioni prog del 2025.

Si parla spesso di rock progressivo in Italia. Sapete, è un po’ come quando i britannici scivono grandi romanzi ucronici: “sarà perché ci manca tanto l’Impero”, disse un simpatico scozzese un po’ di primavere fa.
Ecco, per noi invece il prog è una continua ricerca dell’Isola di Peter Pan, quel ricordo di un’Età dell’Oro mai terminata nei cuori degli appassionati. Sì, perché a molti, esperti e no, appare chiaro il quadro di uno scenario anni ’70 dominato dalle grandi band, scampoli delle quali sono ancora in giro a giganteggiare sui palchi della Penisola, quindi è più che legittimo che tempi spezzati e atmosfere fiabesche siano nel DNA dei musicisti del Bel Paese, dai rockers agli headbangers che dir si voglia.
Nello specifico, le tensioni progressive (leggete l’aggettivo a vostro piacimento, al plurale in italiano, o invariabile in inglese) si sono da tempo diramate in due filoni principali: quello più minimalista che tanto deve al neofolk e che tiene scarne le pomposità di matrice emersoniana per esplorare frontiere sovente sperimentali, e quello più tradizionale, che però non può fare a meno di inglobare elementi sedimentati nel corso dei decenni sulla comune matrice rock. Eh sì, perché l’aggettivo metal spesso accostato al prog ha una valenza ormai storica, dovuta non solo al livello di saturazione ma anche a quelle gradazioni di oscurità che scongiurano definitivamente il pericolo di sconfinamento nel pop e nella forma canzone in cui sono incappati tanti dei Grandi Numi di cui sopra.
Diciamolo senza indugi, i Limite Acque Sicure appartengono a quest’ultima categoria. Attenzione, non confondiamoli con la galassia prog metal che ha spesso sciacquato i panni nell’Arno del power e del symphonic; la loro matrice classica è peraltro indiscutibile, seppure affiorino qua e là quegli elementi che fanno di ‘Un’altra mano di carte’ un disco chiaramente composto e registrato nella contemporaneità e non un possibile remake pedissequo di partiture sepolte nei cassetti da mezzo secolo. Ne è esempio l’aleggiare del Banco del Mutuo Soccorso sulle intricate partiture e sulle svolazzanti code di piano di ‘Natale 1914’, laddove l’assolo di chitarra ci rimanda agli insegnamenti del Berklee College of Music e la coda affidata ad ‘Astro del Ciel’ aggiunge elementi nuovi e non ancora del tutto esplorati al sempre efficace canovaccio de La Tregua. Un po’ come faceva Respighi con ‘Madama Doré’, anche i Nostri hanno qui l’intuizione di collocare inserti popolari per sottolineare una narrazione che – come di consueto per il genere – va di pari passo con il commento musicale.
Lo stesso infatti vale per ‘… Non il Bergerac’, il cui organetto spezza il flusso ritmico fin lì condotto a suon di tempi dispari e accelerazioni varie, rappresentandone non tanto un contraltare ma un’integrazione fine alla storia raccontata. Poi, se musicalmente l’opener ‘Joker’ aveva costituito il bignami perfetto del genere, strizzando a l’occhio un tempo alla PFM e un tempo ai Marillion – con un lick di chitarra molto rotheriano in apertura – è pur vero che i pregi di ‘Un’altra mano di carte’ stanno anche nello scoprire “le carte” poco a poco, svelando man mano le varie componenti del caleidoscopio musicale del sestetto.
D’altronde, la Minotauro rappresenta di per sé un sinonimo di ricerca sonora (ne sono stati esempio La Bottega del Tempo a Vapore, oltre alla vastissima produzione del bardo pesarese), cui si aggiunge per osmosi un humus musicale più o meno recente che in Italia ha visto sorgere i Fiaba, gli Old Rock City Orchestra, gli Hautville e le Corde Oblique. Proprio il filone più “mediterraneo” di questi ultimi sembra informare di sé uno degli episodi più interessanti del disco, quella ‘Chita’ che vede Andrea Chendi cedere il microfono alla polistrumentista Ambra Bianchi – ai cori nel resto dell’album – cui fa da contraltare il refrain da menestrello supportato da chitarra e tastiera. Chiude e riassume il tutto ‘Storie perdute’, che ha il pregio di calcare la mano sull’epicità e sulla magniloquenza, e che forse avrebbe beneficiato di una struttura più breve e di impatto per risultare ancor più efficace.
Doveroso infine è il commento sulle tematiche trattate, che – lungi dal presentarci gli scenari bucolici che popolano la fantasia degli utenti del rock progressivo – colgono l’occasione per offrirci uno spaccato sull’attualità e sulle cosiddette storie dimenticate, un po’ come facevano anche alcuni maestri storici del genere, mascherando un’estetica da Dreigroschenoper sotto i richiami a un’Arcadia perduta. Così, le maschere di Cyrano e di Joker celano la lacrima di Pierrot e sono al contempo circondati da vicende di migranti che non hanno voce, se non quella dei moderni cantori che stavolta marciano sotto il glorioso stendardo del prog.

Hai mai sentito parlare della sindrome del secondo album? Ormai non si contano più le delusioni che hanno accompagnato l’uscita di un album di successo, sia commerciale che di critica. Attenzione spoiler! Questa colonna mette in evidenza l’esatto opposto, cioè un secondo sforzo superiore al precedente. Tre anni fa, LIMITE ACQUE SICURE ha offerto agli amanti della musica un magnifico invito al viaggio con un album molto bello. Ma il nuovo arrivato, “Un Altra’ Mano Di Carte”, mi porta ancora più lontano.
Le mie aspettative erano alte, dato che il loro album di debutto si era classificato al terzo posto nella mia classifica del 2022. Un’altra band italiana, BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, era stata la mia scelta numero uno. Anche i LIMITE ACQUE SICURE hanno eseguito un brano di questo gruppo nel loro album. Chiaramente un’influenza positiva nel percorso musicale della band. Ma come mi hanno confermato i musicisti, si possono trovare molteplici riferimenti. Possono appartenere ai tre grandi gruppi italiani, BANCO, PFM e LE ORME, ma anche a BACH, HAENDEL, TOTO o GENESIS, per fare solo alcuni esempi. Sono gli stessi sei musicisti che compaiono nel nuovo lavoro del gruppo italiano di Ferrara. ANDREA CHENDI, voce, e ANTONELLO GIOVANNELLI, tastiere, sono i due membri fondatori. Completano il sestetto AMBRA BIANCHI, flauto, voce e arpa, LUCA TRABANELLI, chitarre, PAOLO BOLOGNESI, batteria, e FRANCESO GIGANTE, basso. Tutti, a seconda del loro background, prendono parte alle composizioni e alle idee che abbondano in questa opera.
Come la prima volta, si tratta di un concept album. I sei pezzi sono storie che narrano le esperienze di vita di personaggi, immaginari o reali, di ieri e di oggi. I temi possono essere profondi, inesplorati e talvolta scomodi, ma c’è sempre un lato positivo. “Un’altra mano di carte” vuole essere una metafora della natura casuale del destino, che assegna a ciascuno di noi una storia ben precisa, un percorso di vita particolare. Mescolando il mazzo di carte, il risultato è la speranza di un esito più gratificante, una vita migliore e più giusta. E così la vita continua tra i dati. Il tempo scorre inesorabilmente nell’attesa della mano vincente. Le storie raccontate in questo album sono storie di emarginazione e abuso, di ricordi lontani, forse falsi, e di una vita migliore. Riflettono anche il male e le sue conseguenze. Sono storie di ribellione, momenti di orgoglio.
Per LIMITE ACQUE SICURE, questo secondo album costituisce un nuovo gioco di carte per gli stessi giocatori. È il richiamo della chitarra elettrica a segnare l’inizio di “Joker”. La passione e la potenza sprigionate dal modo di suonare di LUCA TRABANELLI, unite a una produzione meglio definita, sono il primo indizio di una nuova, felice mano musicale. Il Joker è un personaggio noto agli appassionati di supereroi, ma tra gli umani è anche l’incarnazione del male, della nostra oscurità. L’apertura hard-rock rafforza il prog della band, ma quando emergono le corde vocali di ANDREA CHENDI, troviamo l’orientamento. Questo primo brano molto dinamico offre anche una sezione in cui il pianoforte, il basso, una voce angelica e una voce leggermente manipolata regalano momenti allo stesso tempo belli e inquietanti. Un breve passaggio di organo e pianoforte apre la strada a un maestoso assolo di sintetizzatore e a un finale in cui gli strumentisti uniscono le forze per un gustoso finale. Un brano potente che rappresenta una risorsa importante nel nuovo progetto della band. La seconda storia riguarda le conquiste spagnole in America. Un’introduzione molto bella con flauto e chitarra acustica, seguita rapidamente da un sintetizzatore saltellante su un ritmo nervoso. Questa è la tela ideale per il canto del signor CHENDI. Adoro la sua varietà, il suo modo di esprimersi e le emozioni che riesce a trasmetterci nonostante la barriera linguistica. L’unica traccia che dura meno di otto minuti unisce armoniosamente il prog e il folk italiano. Aggiungete un assolo di chitarra ben eseguito e alcune belle linee di sintetizzatore e otterrete un brano fantastico.
Quando la musica mi offre risorse così belle da integrare nel mio modo di suonare, non è facile scegliere. Una cosa però è chiara: “Chita” e “Natale 1914” rappresentano, per me, i momenti migliori di un album di cui adoro tutti i cinquanta minuti. “Natale 1914” è basato su una storia vera. La vigilia di Natale della prima guerra mondiale, in diverse località del fronte, le parti in conflitto concordarono una tregua inaspettata e spontanea. Un gesto raro di umanità, quasi un atto di ribellione agli occhi dei leader che si sono dichiarati guerra a vicenda. La canzone è molto emozionante, sia vocalmente che strumentalmente. Come ama fare la band, la breve introduzione con flauto e rullante crea l’atmosfera musicale appropriata. Quando la musica inizia, il rock progressivo italiano si offre in tutta la sua forza e le sue caratteristiche. Il canto è serio e solenne, la musica ci tocca. I vari movimenti sono arricchiti qui da un assolo di chitarra, lì da un superbo intervento di Dame Bianchi e da un basso ben realizzato da FRANCESCO GIGANTE in tutto il brano. Cito solo alcuni nomi e qualche esempio, ma l’intero gruppo offre qui, come negli altri cinque brani, un’interpretazione degna di nota. Non sono gli unici artisti ad aver utilizzato questi particolari momenti dell’inverno del 1914. Ad esempio, nel 2005, il film Joyeux Noël, una coproduzione di Francia, Germania, Regno Unito, Belgio e Romania, ha affrontato lo stesso argomento grazie al regista Christian Carion.
Un personaggio, attore o narratore, che si evolve nella realtà o nell’immaginazione. Ecco l’ambientazione di “Non Il Bergerac” dove le voci di AMBRA BIANCHI e ANDREA CHENDI si uniscono e si armonizzano su un ritmo e un sintetizzatore che, a tratti, hanno evocato per me le grandi LE ORME. Il pianoforte aggiunge i suoi granelli di sale per dare ancora più sapore. Ancora una volta TRABANELLI esegue un assolo di chitarra che si fa notare. La pièce si conclude in una strada, tra il rumore dei passanti e quello di un organetto. Sbalorditivo ! Ed eccoci arrivati a “Chita” che è la carta nascosta di LIMITE ACQUE SICURE, un successo tra modernità e classicità RPI. Lady BIANCHI è imperiale. Sia che la sua voce sia singola, cantata o vocalizzante, sia che sia divisa in due, le nostre orecchie tremano di piacere. La batteria di PAOLO BOLOGNESI sostiene e valorizza questa voce e, di conseguenza, il brano. Una sorpresa davvero molto piacevole! “Storie perdute” inizia in modo forte, con l’organo che guida il brano su un ritmo potente, supportato dalla chitarra. Per tutto il brano, ANTONELLO GIOVANNELLI è in fiamme e l’organo scatena il caos. Fate attenzione, gli altri musicisti non devono permettere al nostro tastierista di farla franca da solo. Nel corso di otto minuti, CHENDI interpreta il ruolo del narratore che utilizza i temi delle storie precedenti per crearne una nuova. Il gruppo conclude l’album con forza, così come lo aveva iniziato. Questa presenza di chitarre più potenti e di un rock più deciso non è stata premeditata, ma scaturisce dalle composizioni e dai sentimenti dei musicisti, come loro stessi hanno avuto la gentilezza di raccontarmi.
“Un Altra’ Mano Di Carte” è il genere di album che segna un anno, anche se è molto giovane. LIMITE ACQUE SICURE si unisce ai nuovi gruppi italiani come LOGOS, LA MACHERA DI CERA e RANESTRANE, tra gli altri. Ma si inserisce chiaramente anche nella tradizione di BANCO and Co. Il gioco di carte che il gruppo ti propone è una mano vincente. Non perdere questa occasione!

Il secondo appuntamento discografico per questo gruppo originario di Ferrara arriva sulla scorta degli elogi che avevano salutato il debutto omonimo del 2022: dopo tre anni il sestetto di base è rimasto immutato, e nonostante la ben nota difficoltà di ripetersi dopo un esordio così promettente, il progetto Limite Acque Sicure non perde un colpo. Fin dal primo ascolto, infatti, ci si accorge della notevole qualità di base, sia dal lato prettamente strumentale che da quello lirico.
La sequenza che abbiamo davanti include sei lunghe tracce, improntate a uno stile profondamente calato nelle sonorità del prog settantiano, con riferimenti più o meno evidenti, ma con diversi punti a favore della band, tali da trascendere il mero esercizio di stile in chiave retrò, trappola fatale a molte formazioni di questi anni. Cito in particolare la brillante riuscita delle parti vocali, ad esempio, un elemento spesso trascurato nelle valutazioni critiche e invece spesso decisivo per garantire certi equilibri complessivi. Qui valga per tutti lo splendido brano di apertura, “Joker”, dove il valido canto solista di Andrea Chendi, supportato a tratti dalla voce di Ambra Bianchi, risulta davvero incisivo nel dinamico impasto ritmico del pezzo, sviluppato tra riff sanguigni di chitarra solista e inserti sempre eleganti di tastiere, oltre a vocalizzi suggestivi tra pause e riprese. E’ forse il picco dell’album, ma il resto non è sicuramente da meno.
Di grande impatto, tra gli altri, è pure la lunga “Natale 1914”, sia per le intense liriche che per l’atmosfera dolente che si riflette in una musica più morbida e avvolgente, capace di lasciare il segno: il flauto di Bianchi in apertura sulla batteria marziale (Paolo Bolognesi), il synth immaginifico di Antonello Giovannelli e la vivace chitarra di Luca Trabanelli, sorreggono a dovere il brano tra potenti spezzature e interludi sognanti di grana finissima. Nell’ispirazione dei L.A.S. c’è questa lodevole fusione di energia rock e romanticismo che arriva sempre a bersaglio. Lo si nota anche in “…Non il Bergerac”, struggente ritratto di un Cirano al tramonto cantato al meglio da Chendi, tra ritmiche incalzanti e parentesi di accorato lirismo, ancora protagonisti il pianoforte e l’organo insieme a una chitarra pirotecnica nel bellissimo finale. Ambra Bianchi canta invece da sola, e lo fa magnificamente, un testo di rara bellezza come “Chita”, che tra ficcanti breaks chitarristici e poderose sincopi percussive regala uno dei momenti più emozionanti dell’intera sequenza.
Questo incontro stimolante di rock multiforme e acuta sensibilità, nei testi, per le realtà marginali e offese, costituisce il tratto distintivo della formazione, riconfermato nei due restanti episodi: prima “Il Racconto Di Juan Della Sua Terra”, una trama ben articolata tra potenti spezzature ritmiche e deliziosi inserti di flauto e chitarra acustica qua e là, e quindi la conclusiva “Storie Perdute” che suona davvero come una sintesi, nelle liriche e nei suoni, di questo pregevole disco: qui l’organo sale in cattedra s’una base ritmica trascinante insieme al canto adeguato di Chendi, ma come sempre l’articolazione del brano incorpora spunti più romantici, col pianoforte spesso in primo piano, a ribadire il talento e l’amalgama quasi perfetto tra i sei componenti.
A mio avviso, per tirare le somme, “Un’altra mano di carte” è un disco di grande livello e senza veri punti deboli, che impressiona per la dinamica scrittura strumentale e per un reparto vocale sempre all’altezza, oltretutto con liriche di uno spessore abbastanza raro nel recente prog italiano. Davvero da non perdere.

Gennaio 2025 è iniziato timidamente nel campo del rock progressivo ma, anche se i nuovi album non sono numerosi, questo secondo album dei ‘Limite Acque Sicure’ ha buone probabilità di segnare l’anno 2025 in questo genere musicale. Questa band italiana è nata circa vent’anni fa, ma è solo nel 2022 che è uscito il primo album omonimo del gruppo, divenuto un sestetto, che riprende il lungo sviluppo ‘Il Giardino Del Mago’ del ‘Banco Del Mutuo Soccorso’, e si inserisce a pieno titolo nella grande tradizione dei gruppi progressive rock italiani ( link Spotify e link Qobuz ). Questa seconda registrazione in studio ‘Un’Altra Mano Di Carte’, cito la loro pagina web, “è un concept album che racconta storie di esperienze di vita vissute da personaggi, a volte immaginari e a volte reali, a volte attuali e a volte lontani nel tempo. Ci avviciniamo a temi profondi, poco frequentati e in alcuni casi scomodi. Sempre, alla fine, con un filo di speranza, con la possibilità di riscatto, con un raggio di luce che indica una soluzione.” Sei composizioni tra i 7 e i 10 minuti, che lasciano spazio a magnifiche peregrinazioni progressive, questo è il menù di questa nuova opera che ci mostra tutto il talento di questa formazione italiana.
Ci accoglie ‘Joker’ che inizia con una parte strumentale in un imponente rock sinfonico, e che prosegue in un progressive fantasioso e armonioso, con diversi cambi di atmosfera: la parte centrale offre magnifici vocalizzi accattivanti e la seconda parte, prima dell’epico finale, ci consegna una nuova sezione strumentale in cui il clavicembalo, che non abbiamo spesso occasione di ascoltare nel progressive, apporta un lato classico molto apprezzabile. Più leggero, ma comunque molto orecchiabile melodicamente, “Il Racconto di Juan della Sua Terra” ci trasporta nella raffinata musica progressive italiana, che suscita un irresistibile desiderio di scandire il ritmo orecchiabile, mentre la sezione centrale apporta una bella ricchezza e diversità strumentale. Poi arriva ‘Natale 1914’ che rallenta il ritmo per un lungo sviluppo pieno di palpabile emozione, un titolo che ci immerge nella tregua del primo Natale della Grande Guerra e che è questo forte simbolo dell’umanità in mezzo alla follia che è la guerra. L’atmosfera musicale sviluppata è all’altezza della forza del tema con ‘Ambra Bianchi’ che ci offre una serie di vocalizzi di fantastica sensibilità nella lunga e notevole parte centrale strumentale.
Nella stessa atmosfera calma e serena, ‘Non il Bergerac’ è un omaggio a un vecchio attore teatrale che ebbe successo in passato: il titolo inizia con una bellissima parte scarna al pianoforte e, dopo una prima parte in forma di bella ballata, come sanno fare bene gli italiani, il titolo vola verso altri cieli con un ritmo più veloce, per ricadere sul finale con uno splendido assolo di chitarra di ‘Luca Trabanelli’. “Chita” è un altro splendido momento di emozione, “Ambra Bianchi” ci offre una toccante performance vocale in una costruzione che alterna parti lente ad altre più vivaci, creando un sorprendente contrasto e un finale con nuove strazianti voci di straordinaria potenza emotiva. L’ultima composizione “Storie Perdute” è in un certo senso l’epilogo di questo straordinario album e una bella sintesi dell’insieme, sia per quanto riguarda le storie raccontate da questo cantastorie, tramandandole di generazione in generazione, semplicemente per non dimenticare, sia a livello musicale perché quest’ultimo titolo è un notevole labirinto progressivo con bellissime alternanze tra parti cantate e strumentali in cui ogni artista porta la sua pietra all’edificio.
In sintesi, ‘Limite Acque Sicure’ ci offre un magnifico nuovo album e dimostra che in Italia ci sono gruppi progressive contemporanei che cavalcano l’onda di ‘Banco del Mutuo Soccorso’ o ‘Le Orme’ o ancora ‘Premiata Forneria Marconi’ e che stanno meravigliosamente perpetuando questo stile ormai consolidato da decenni tra i nostri amici d’Oltralpe. “Un’Altra Mano Di Carte” apre l’anno 2025 nel migliore dei modi possibili nel rock progressivo…

Limite Acque Sicure – “Un’altra mano di carte” (2025)
di Alberto Sgarlato
Limite Acque Sicure. Una band che già nel nome contiene un messaggio chiaro, fatto di voglia di osare, di uscire dalla cosiddetta “comfort zone”, di rischiare verso nuove soluzioni al di fuori dei canoni consueti. E se già il loro album d’esordio, datato 2022, sceglieva come titolo il nome stesso della band, a simboleggiare come questa ricerca e questo tumulto interiore potesse diventare un concept-album sul tema del viaggio e del coraggio, il secondo album di fine 2024, “Un’altra mano di carte”, lascia a sua volta intendere una prosecuzione di quei temi.
Il sestetto ferrarese, che comprende la cantante e polistrumentista Ambra Bianchi (flauto e arpa), il cantante solista Andrea Chendi, il tastierista Antonello Giovannelli, il bassista Francesco Gigante, il chitarrista Luca Trabanelli e il batterista Paolo Bolognesi, consegna dunque alle stampe sei tracce nelle quali il tema della voglia di rimettersi in gioco di fronte alle sfide della vita fa da filo conduttore.
Oniriche e sibilanti sonorità elettroniche annunciano “Joker”, prima traccia del disco, immediatamente scandita da un roccioso riff dal sapore quasi blacksabbathiano; qui la chitarra è principe, sia nei temi, sia nelle divagazioni soliste, sempre ben supportata da un gran lavoro di tastiere (soprattutto Hammond e Moog) e da una presente sezione ritmica. L’entrata del cantato costruita su una melodia volontariamente frammentaria richiama alla mente i Gentle Giant.
Una vera e propria mini-suite, della durata di circa 9 minuti, nella quale dal terzo minuto in poi le atmosfere cambiano ancora drasticamente, tra il lirico e il teatrale, fino a un ritorno a sonorità più rock per il lungo crescendo finale.
“Il racconto di Juan della sua terra” è invece introdotta da atmosfere pastorali, affidate al flauto e al Mellotron, che ben presto crescono e sbocciano in un arioso prog melodico di tipico gusto italiano classico, tra gli arpeggi delle chitarre acustiche e i ricami del Moog. C’è quasi qualcosa di remotamente battistiano nelle parti più cantautorali della traccia. Il brano prosegue in un sapiente alternarsi di momenti più intimi, tra piano e string-machines (le tastiere per archi), ed altri più duri affidati alla chitarra e a un “sanguigno” lavoro di una sempre precisa e accurata sezione ritmica.
“Natale 1914” … Il I grande conflitto mondiale si sta purtroppo consumando, metaforicamente rappresentato qui da un marziale uso del rullante e del flauto. L’intensità tragica del cantato non può non evocare il grande Francesco Di Giacomo del Banco. Siamo tutti “fratelli inermi” anche se la follia di chi ci governa ci trasforma nostro malgrado in “fratelli in armi”, come recitano le accorate liriche del brano.
Profumo di Banco anche negli eleganti dialoghi costruiti tra il pianoforte e la chitarra acustica nelle parti più intimiste, tra i sintetizzatori e la chitarra elettrica nei momenti più rabbiosi.
“… Non il Bergerac” è introdotta da una magistrale partitura per pianoforte, capace di lasciare l’ascoltatore a bocca aperta, mentre l’alternarsi di parti più veloci e altre più struggenti si dipana sulla falsariga dello stile già ottimamente collaudato nel brano precedente.
Sonorità mediterranee, tra vocalizzi femminili, percussioni, fisarmoniche e chitarre arpeggiate, aprono le danze in “Chita”. Se è vero che in tutto il Pianeta, ormai da decenni, la sigla RPI indica il Rock Progressivo Italiano come genere a sé stante, capace di fondere il rock e il jazz con le suggestioni dei nostri luoghi e della nostra storia, allora questo brano è destinato ad affermarsi come uno dei suoi più nobili manifesti. E anche stavolta ci troviamo di fronte a una vera mini-suite di oltre 9 minuti, densa di colpi di scena nella sua struttura.
La band si congeda con “Storie perdute”. E lo fa nel migliore dei modi, a cominciare dal poderoso muro di suono generato da un Hammond distorto dal sapore emersoniano ben sorretto dai cori del Mellotron. Sonorità aspramente vintage squisitamente poste al servizio di un sound che invece risulta attuale nella freschezza del cantato, delle ritmiche, dei riff chitarristici.
Abbiamo ormai ribadito a più riprese che la durata media delle singole tracce oscilla tra gli 8 e i 9 minuti e, ovviamente, anche questo gran finale, non fa eccezione. Il testo cita personaggi (il Joker) ed evoca tra le righe riferimenti agli altri brani, degna chiusura di un cerchio come in ogni concept che si rispetti.
A questo punto, dopo una prova così convincente, non ci resta che restare con grande piacere in attesa “della prossima mano di carte”.

Secondo lavoro per i Limite Acque Sicure, “Un’Altra Mano Di Carte” conferma la loro essenza progressive. Uscito per Minotauro Records, l’album del sestetto ferrarese affronta come temi i massimi sistemi, sorretti dalla metafora di un metafisico gioco di carte, che sembra predestinare le vite degli esseri umani, che a volte possono reagire seguendo l’esempio prometeico.
La musica come da buon copione prog è massimalista, con strutture dilatate, fasi di assolo di chitarra e tastiera, e racconti in punta di voce, quella di Andrea Chendi, che nei falsetti ricorda l’approccio di Aldo Tagliapietra ne Le Orme. E poi c’è un altro elemento tipico del genere, i tempi dispari. La parte cantata di “Joker” è in 15/8, e più avanti c’è una sezione in 7/8, prima di arrivare in un paradiso per tastieristi in 6/8, fra clavicembalo e synth.
I flauti di pan aprono “Il racconto di Juan della sua Terra”, chiaramente ambientata in Sud America, in una “terra di conquista” dove i colonizzatori portarono una “civiltà fatta di sangue e violenza” e “finto amore e carità”. “Natale 1914”, già il titolo ricorda la famosissima tregua tra soldati nemici, e infatti il testo fa delle domande rivolte ai signori della guerra: “Ma quale onore, quale libertà (…) per voi ricchezza (…) a noi il sacrificio e povertà”.
“Non Il Bergerac” è un altro brano che potrei definire keyboard – leaded, dove ha molto spazio il tastierista Antonello Giovannelli. Dopo l’assolo di chitarra di Luca Trabanelli, il brano finisce con una fisarmonica che ci porta in un’atmosfera da festa popolare, con tanto di vociare che ricorda la fine di “Creuza de mä” di De André. La voce della flautista e arpista Ambra Bianchi, finora presente in piccoli interventi e in cori, in “Chita” diventa la protagonista, fino a un esaltante assolo vocale sopra la batteria, verso la fine del brano.
Un poderoso organo Hammond apre il brano di chiusura, “Storie Perdute”, che è il manifesto poetico dell’album, e forse anche della band, che vuole portare “testimonianze di altre realtà”: “Ognuno porta una storia in sé, un po’ di sogni, bugie e realtà, io le raccolgo e porto con me”. Per chi ama il progressive rock che non fa compromessi a mode più recenti, i Limite Acque Sicure sono per l’appunto un porto sicuro. (Gilberto Ongaro)

“Nuova è la maschera che ti nasconderà. Vecchio il ghigno che genera“. Un’ultima chance da spendere, l’attesa di una rivalsa mai arrivata. Desideri, illusioni o semplicemente fatal destino affidati confusamente all’imprevedibilità di una giocata che confidiamo amica, maledettamente vincente. Il niveo giullare ha mischiato il mazzo , “Un’Altra Mano Di Carte” è pronta per essere servita. A tre anni esatti dall’eponimo debut act, la formazione estense Limite Acque Sicure ritorna sulla scena discografica con un interessante progetto inedito che, in virtù del background artistico, affonda le proprie radici sonore nel benemerito progressivo di inizi Settanta. Formatosi nel 2005, grazie all’incontro tra il vocalist Andrea Chendi ed il tastierista Antonio Giovannelli, l’ensemble ha infatti mosso i primi passi proponendo sul palco un repertorio legato ai classici dell’epoca d’oro del rock italiano (Orme, P.F.M. e Banco) per poi intraprendere un percorso personale all’interno del quale ha elaborato con autenticità e vigore gli amati stilemi del genere. Ensemble derivativo quindi – oseremo dire di ‘seconda generazione’ – ma dall’identità ben definita. Sei storie di vita, reale o fantastica che sia, accuratamente cucite addosso ad altrettanti ‘personaggi narratori’ tratteggiano lo screziato canovaccio sinfonico di questa seconda opera che ci conduce tra gli orrori del primo conflitto mondiale attraverso la cartolina dal fronte di Natale 1914, naviga rotte oceaniche alla ricerca di continenti inesplorati ne Il Racconto Di Juan Della Sua Terra e si insinua negli anfratti della malvagità umana in Joker, ouverture dalle cineree atmosfere gotiche che rimanda, più che agli altisonanti capisaldi del prog tricolore sopracitati, a formazioni quali Goblin e Segno Del Comando. Con le sue colorate armonie mediterranee Chita, magistralmente eseguita da Ambra Bianchi (voce, flauto e arpa) si segnala come ‘zenit emozionale’ del concept affrontando, con speranza, la non facile tematica delle ingiustizie sulla donna. (‘Questo fiore che grida pietà sotto il segno della sua libertà’). Le visioni oniriche di un senza nome di … Non il Bergerac e le riepilogative testimonianze di Storie Perdute suggellano la scaletta di un album che non accusa battute a vuoto e si lascia ascoltare sino all’ultimo rintocco della batteria. Registrato nelle sale dell’Hybrid Music Lab di Ferrara, “Un’Altra Mano Di Carte” rappresenta l’ulteriore velleitario step al di là della segnalazione del ‘Limite Acque Sicure’ per un sestetto di musicisti tecnicamente preparati ed in grado di esibire intense riletture dell’antico verbo ispiratore. Una nuova curiosa maschera da inserire nello sconfinato casellario del prog Made in Italy.


Ferrara, perla del Rinascimento, città dai mille volti e dal fascino sensuale di angoli misteriosi e strade tortuose. Seducenti con la loro bellezza, come una donna frivola con le spalle scoperte e la bocca a forma di cintura. Ferrara, luogo di ispirazione per artisti e filosofi. Qui gli angeli suonano l’arpa blu e il diavolo augura la buonanotte.
In questa oasi d’arte è nato il gruppo Limite Acque Sicure. È formato da un gruppo di amici uniti dall’amore per la musica classica e il rock progressivo. Le origini del gruppo risalgono al 2005. La nostra avventura comune è iniziata con un annuncio su una rivista musicale. Andrea Chendi era alla ricerca di un artista con cui realizzare visioni comuni. Il pianista Antonello Giovannelli ha risposto al comunicato stampa. I due uomini cominciarono a collaborare. Formarono il nucleo di un gruppo che eseguiva brani tratti dal repertorio dei loro gruppi progressive italiani preferiti, in particolare Banco Del Mutuo Soccorso e PFM. La formazione definitiva di sei elementi ha iniziato a formarsi nel 2009 ed è rimasta invariata dal 2016. È composto dai musicisti già citati: Andrea Chendi (voce) e Antonello Giovanelli (pianoforte, organo, sintetizzatori) a cui si aggiungono Ambra Bianchi (flauto, arpa, voce, cori), Francesco Gigante (basso), Luca Trabanelli (chitarra acustica ed elettrica) e Paolo Bolognesi (batteria).
Si sentivano benissimo in reciproca compagnia. Per loro il rock progressivo era una via di fuga dal contatto quotidiano con la musica classica. Tuttavia, arrivò il momento in cui vollero trovare un sound proprio e unico e concentrarsi sulle loro composizioni. Il risultato è l’album “Limite Acque Sicure”, uscito nel 2022. Il successivo elemento fonografico ha dovuto attendere quest’anno. L’album “Un’Altra Mano Di Carte” è stato presentato in anteprima il 17 gennaio 2025.
Comprende sei composizioni della durata complessiva di 51 minuti. Ognuno di loro crea una storia concettuale sul personaggio, sulla sua personalità complessa e sugli eventi che hanno condotto il nostro eroe attraverso il labirinto della vita. L’enigmatica scacchiera presenta personaggi ambientati in tempi e spazi diversi, immaginari e reali. In ogni scena compaiono attori diversi. Quando le luci si spengono, si tolgono le maschere, si struccano e si asciugano le lacrime che scendono lungo le guance. Tengono un sorriso o una smorfia sprezzante sulle labbra. Tra loro ci sono pagliacci, schernitori, poeti malinconici…
“Un’altra mano di carte” è una metafora del destino. Ogni personaggio ha una storia ben definita, ma il mescolamento delle carte crea un’aura di imprevedibilità. Nel caleidoscopio del tempo, gli eventi assumono colori e sfumature misteriose. Si mescola il destino con le carte. Lo scenario cambia, le relazioni si complicano e le forme degli oggetti si confondono.
L’album si apre con una storia incredibile su un personaggio che conosciamo così bene grazie ai fumetti e ai film. Il Joker è un cattivo, un criminale creato da Jerry Robinson, Bill Finger e Bob Kane. Il cinema ne ha creato diverse visioni: dal Joker oscillante tra grottesco e sadismo, creato da Jack Nicholson, al Joker affetto da disturbo bipolare, interpretato da Joaquin Phoenix. A prescindere dall’originale, si tratta di un personaggio pieno di caos, narcisista, provocatorio e folle. Non importa quanta malvagità e follia contenga: ipnotizza, incanta, schiavizza. È l’incarnazione dell’aberrazione estrema e dei desideri paranoici. Riff di chitarra duri e un assolo che polverizza la pace della mente, accende i sensi e apre le porte a un mondo pieno di follia e desideri selvaggi. La voce di Andrea Chendi introduce una caduta di equilibrio, presto distrutta dai cori demoniaci, guidati dalla voce di Ambra Bianchi. Le succose parti di tastiera si fondono con lo sfondo creato dalla sezione ritmica. Ecco com’è Joker: imprevedibile, psichedelico, che si mette in mostra sotto i riflettori spinto dalla paura umana…
“Allora, ditemi, brava gente, vedete un applauso per me. (Allora ditemi brava gente se c’è un applauso anche per me) Ghigno maligno, irrivente e pervirvi che sono qua Son qui da secoli, qui da sempre da quando esiste l’umanita. Io sono il tarlo delle coscienze malvagia che sta in fondo a voi.
Il brano successivo riporta l’ascoltatore indietro nel tempo. “Il Racconto di Juan della sua terra” racconta la storia della conquista dell’America Latina da parte degli spagnoli. Osservare la realtà dal punto di vista di una persona con opinioni e convinzioni specifiche ci fa capire quanto siano diverse le persone, la loro cultura e i loro costumi. Il suono del flauto ci introduce in una terra dove tutto è diverso dal mondo in cui vivono gli europei. Il dolce profumo dei mango, il profumo della vaniglia, il calore che pulsa invisibile tra i fili di un arcobaleno, il sapore etereo del silenzio interrotto dal suono delle cicale. Forse è un sogno o un pezzo di storia. La voce di Andrea Chendi permea le frasi discrete dipinte dal pianoforte, dalla chitarra, dal flauto e dalla sezione ritmica. L’eccellente orchestrazione conferisce allo sfondo una luminosità unica.
“Natale 1914” è una storia vera, o meglio più storie, ambientate in una notte di Natale del 1914, durante la Prima Guerra Mondiale. Questo momento unico unì i soldati, la fratellanza trionfò sulla “logica della guerra” che era incomprensibile per chiunque. Un tema calmo, un conforto e un simbolismo del momento, è come un’ostia benedetta dalla mano del creatore, come il perdono e una richiesta che la crudeltà finisca.
“Santa Notte è casa tua?” Al mattino, dopo la neve e il vento, il vento e il vento (Santa notte sei già qui tra la morte… poi, il gelo e il fango, la paura e il pianto) Hai perso tutti i sensi? E il sale? Come brothers in arms, brothers inermi (Dio lassù siamo tutti tuoi figli? O… soli? …Come brothers in arms fratelli inermi)”.
Cyrano de Bergerac è il protagonista dell’omonima opera teatrale di Edmond Rostand. Fu creato nel 1897 sulla base della biografia del poeta del XVII secolo Savinien de Cyrano de Bergerac. Cyrano, dal naso lungo e non particolarmente bello, si innamora della cugina. È un nobile dotato del dono dell’oratoria. Sfortunatamente, i suoi complessi non gli permettono di esprimere i suoi sentimenti alla sua amata. Lui impersona Christian, anche lui innamorato della sua fidanzata. Le impressioni della tastiera, il fascino discreto dei suoni che creano un’atmosfera unica aprono questo racconto. I singoli fili si intersecano tra loro con grazia e una certa eleganza. In alcune frasi si può udire il fruscio della seta e il sussurro di versi poetici.
“Cirano non è l’unico ad averlo fatto e ad essersi trovato ora in una situazione diversa. Grazie per la tua espressione facciale e per il momento mi dispiace tanto. A Ciran lasciò la casa e si recò a Bergerac. Ecco qua!( Cyrano non è un vecchio squilibrato, la sua saggia rima sarà divertente. Spero che la tua faccia di cera sia un momento onesto e mi sorriderà. A te Cyrano l’uomo dal frac logoro un genio o un folle come Bergerac. Sono qui!”.
“Chita” è una delle canzoni più belle dell’album. Meravigliosamente riflessivo e melodico in ogni piccola frase, impreziosito dalla splendida voce di Ambra Bianchi. Non riesco a immaginare questa composizione cantata in una lingua diversa dall’italiano. I suoni sensuali, le voci folli e la luminescenza che solleva il dolce soprano dell’artista sono mistero e desiderio. “Chita” è un diamante che brilla di luce intensa.
“Storie Perdute” è la conclusione dell’album. Il ritmo incalzante si fonde con il tema costruito dalla voce e dal pianoforte. Batteria, chitarra e basso turbinano nell’oscurità, aprendo un varco nell’oscurità e regalando magia e mistero.
“Un’Altra Mano Di Carte” è un album meraviglioso rivolto agli intenditori dei valori musicali, l’essenza di ciò che è bello nel rock progressivo italiano originale. Limite Acque Sicure non segue mode o tendenze. La squadra scala con la costanza di uno scalatore che conosce il suo obiettivo e il suo percorso. Perché la musica è il loro destino. È il fuoco che accende i sogni.

In giro da due decenni i ferraresi LAS tornano con un nuovo lavoro a distanza di tre anni dal debutto che porta il loro nome. Lo stile è rimasto immutato, un prog rock sinfonico, che alcune volte svela una certa tendenza al lato oscuro della melodia, con un’idea quasi cinematografica. Lo si nota sin dall’iniziale ‘Joker’ che potrebbe essere la colonna sonora di un film noir italiano dei seventies. Sei brani che si aggirano sugli otto minuti e con ‘Natale 1944’ che supera i dieci, svelano la predisposizione progressiva nella scrittura, dove ogni dettaglio appare importante, anche se qualche lungaggine si potrebbe evitare. Bellissima ‘Chita’ con una fisarmonica che ricama la melodia, su cui si innesta la voce suadente di Ambra Bianchi, che regge anche lo sviluppo in crescendo della seconda parte. Ambra è la titolare femminile del microfono, ruolo condiviso con l’ottimo Andrea Chendi, per una coppia che funziona nel regalare emozioni ai brani. Nell’impasto strumentale sono le tastiere lo strumento che emerge maggiormente (ascoltate l’imperiosa ‘Strade perdute’), ma nell’insieme tutti i musicisti offrono ottime prestazioni, sia tecniche che negli arrangiamenti. Bella la copertina e la confezione. ‘Un’altra mano di carte’ è un album intenso, ricco di poesia e momenti drammatici, con bei testi, che sicuramente piacerà a chi apprezza il prog italiano. (Gianni Della Cioppa)

Il grande rock progressivo italiano torna in scena con il nuovo concept album del gruppo ferrarese Limite Acque Sicure, dal titolo Un’altra mano di carte. Dopo il buon riscontro dell’apprezzato debutto con l’omonimo album del 2022, la band si conferma come una delle realtà più interessanti del panorama prog italiano, con un disco che esplora temi profondi come l’emarginazione, la ribellione e la speranza, racchiusi in sei tracce che formano un viaggio narrativo e musicale coinvolgente. Pubblicato da Minotauro Records e distribuito da Virgin, il disco si presenta come un lavoro maturo e ambizioso, in cui la band dimostra una crescita artistica esponenziale. Con una durata complessiva di 51 minuti, Un’altra mano di carte si distingue tra l’altro per la sua struttura narrativa: ogni traccia rappresenta una storia, raccontata attraverso personaggi che diventano latori di messaggi sociali e introspettivi. La scelta di affidare le tematiche a personaggi specifici, anziché utilizzare un racconto in prima persona come nel precedente lavoro, permette alla band di approfondire i temi con maggiore profondità e impatto emotivo. I testi, ricchi di spunti di riflessione, trattano argomenti complessi e mai banali, come l’isolamento, la lotta interiore e la ricerca di un riscatto, resi ancora più vividi dalla potenza espressiva della musica.
Dal punto di vista musicale, il disco è un trionfo di melodie intricate, arrangiamenti ricercati e passaggi strumentali che spaziano dal sinfonico al più crudo rock progressivo. Le evidenti influenze classiche del prog italiano si mescolano a sonorità moderne, creando un sound che è al tempo stesso nostalgico e innovativo. Le chitarre sono potenti e evocative, le tastiere aggiungono atmosfere sognanti, mentre la sezione ritmica mantiene un’energia costante, guidando l’ascoltatore attraverso i cambi di tempo e di atmosfera.
Ho apprezzato in particolare la opener Joker denotata da un tremendo crescendo emotivo e strumentale ma tutte le tracce, mediamente sopra i sette minuti, meritano un ascolto attento e ripetuto, per cogliere tutte le sfumature dei testi e della musica. Il gruppo dimostra di saper coniugare la tradizione del rock progressivo italiano con una visione contemporanea, regalando un lavoro che è sia un omaggio al passato che un’apertura verso nuove possibilità espressive.
Per gli amanti del genere, questo disco rappresenta un must-have, mentre per i neofiti può essere un’ottima introduzione al prog italiano moderno.
Con la presente opera i Limite Acque Sicure si confermano come una delle band più promettenti e talentuose della scena attuale, pronti a lasciare il segno nel panorama musicale italiano e internazionale.
Massimo Cassibba

Il nuovo album dei Limite Acque Sicure è più snello del suo predecessore, cosa che personalmente non posso che accogliere favorevolmente. Dal punto di vista del contenuto, invece, non si segnalano grandi stravolgimenti.
È un rock progressivo solido, moderno e dal respiro internazionale a caratterizzare l’introduttiva “Joker”, mentre echi di PFM e Banco emergono nelle successive “Il Racconto Di Juan Della Sua Terra” e “Natale 1914”.
Se “Chita” rievoca le Orme di “Felona E Sorona”, “…Non Il Bergerac” spicca per l’interpretazione teatrale di Ambra Bianchi e per l’arrangiamento elaborato e dinamico con tanto di incursioni esotiche, prima di “Storie Perdute”, traccia grintosa e personale dal taglio epico.
Un buon ritorno, che farà felici i tanti estimatori del prog nostrano più intrigante

Di Alfredo Buonumori e Luca “Redapolis” Paoli
Il gruppo Limite Acque Sicure si inserisce con autorevolezza nella tradizione del rock progressivo italiano, un genere che ha avuto la sua epoca d’oro negli anni ’70 grazie a band come Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi, Area e Le Orme. Ma il loro stile non si limita ad emulare i grandi del passato: lo reinventa, lo rimodella spingendosi verso suoni attuali.
Come i capolavori del prog italiano classico, anche la loro musica è intrisa di poesia e teatralità, ma arricchita da una produzione contemporanea e da contaminazioni che spaziano dalla musica classica al rock. Un esempio lampante è la loro abilità nel costruire passaggi strumentali evocativi, che ricordano l’intensità di album come Darwin! del Banco del Mutuo Soccorso o Storia di un minuto della Premiata Forneria Marconi, donandogli però un respiro più attuale.
Nei primi anni della carriera il gruppo si esibiva principalmente in contesti locali; ricordiamo inoltre nell’aprile 2012 un concerto all’aeroporto di Castiglione del Lago all’interno della manifestazione “Meeting di primavera”, organizzata da Massimo Sordi, che poi sarebbe diventato il presidente dell’associazione Trasimeno Prog, proponendo una miscela di cover di classici del progressive rock italiano e internazionale (come Banco del Mutuo Soccorso, King Crimson e Genesis) e brani originali strumentali; i concerti erano un banco di prova per sviluppare le idee che sarebbero confluite nell’ottimo album d’esordio omonimo del 2022.
La formazione, nata nel 2005, è da alcuni anni stabile; nel 2016 è arrivata Ambra Bianchi, ed ha sentito poco a poco l’esigenza di discostarsi dal repertorio altrui per creare una proposta personale; l’arrivo della pandemia ha favorito questa scelta ed è iniziata la fase compositiva e di registrazione dell’album d’esordio.
La band è formata da sei musicisti che rispondono ai nomi di Andrea Chendi alla voce; Ambra Bianchi al flauto, arpa, voce e cori; Antonello Giovannelli all’organo, pianoforte e sintetizzatori; Francesco Gigante al basso; Luca Trabanelli alle chitarre e Paolo Bolognesi alla batteria.
Il nuovo lavoro, Un’ Altra Mano di Carte, evoca l’idea di una nuova possibilità, di un destino che si può riscrivere o rinegoziare. Questo concetto si riflette nei brani, che oscillano tra temi legati alla scelta, all’incertezza e alla trasformazione personale. Ogni traccia è come una carta giocata in una partita esistenziale, con arrangiamenti che svelano gradualmente le loro sfumature, come un mazzo che si apre con lentezza.
La band sceglie con questo album di raccontare esperienze di vita, tra realtà e finzione, tra il passato e l’attualità; per farlo tocca argomenti profondi, complicati, senza però abbattersi, anzi fidando in una possibilità che le problematiche possano risolversi.
La mano di carte citata nel titolo rappresenta secondo il gruppo la metafora della sorte; ogni volta che le carte si mescolano ci si augura più fortuna che in quella precedente, ma spesso il destino ci riserva sorprese, ed ecco che è necessario rimboccarsi le maniche, tra speranze, illusioni e a volte delusioni.
Ed il tema delle esperienze personali dei passi complicati appare come la prosecuzione di quanto affrontato nel primo lavoro, ove il punto cardine era il viaggio, non inteso soltanto come spostamento ma pure interiore; i sei musicisti compaiono nel booklet all’interno di carte da gioco raccontando le loro storie.
Musiche, testi, arrangiamenti e progetto artistico sono curati dalla band; la realizzazione grafica è di Dino Marsan mentre la registrazione e la masterizzazione si sono svolti all’ Hybrid Studio di Ferrara.
Sei sono le tracce inedite che compongono l’album per una durata di poco superiore ai 50 minuti; vediamole in dettaglio.
Si inizia con Joker, scelto come rappresentazione dell’idea di malvagità umana: un’apertura solenne, per un brano dal respiro che mette subito in chiaro le intenzioni della band; atmosfera tirata, una chitarra tagliente si innesta con un tappeto di tastiere ed un coralità che si alterna con la voce di Ambra Bianchi; bell’inizio.
Segue Il racconto di Juan della sua terra, che narra della conquista dell’America del Sud da parte degli spagnoli, vista dalla parte dei soprusi subiti dal protagonista; con ciò che sta accadendo di recente nel mondo anche di là dall’oceano una sorta di preveggenza (purtroppo).
Dal punto di vista musicale si conferma la chitarra di Trabanelli sugli scudi (anche all’acustica), mentre le tastiere ricamano soluzioni sonore che rimandano al terreno fertile del prog e la base ritmica tra i vari cambi di tempo si destreggia assai bene.
Natale 1914, il brano più lungo del lotto coi i suoi 10 minuti abbondanti, è una splendida ballad; si tratta del racconto di storie reali durante quella notte speciale, nell’ambito della prima guerra mondiale, dove soldati nemici si ritrovano insieme a festeggiare la Natività … un’atmosfera corale con le tastiere in evidenza e di nuovo la chitarra che si produce in pregevoli soli e punteggia il brano con delicati arpeggi acustici; un plauso anche alla bella voce di Andrea Chendi.
E’ il pianoforte di Antonello Giovanelli ad introdurre …non il Bergerac, storia di un personaggio senza nome, che affronta il proprio destino, sospeso tra la possibilità che sia stato un attore, o forse il suo è soltanto un sogno. Nella parte finale, dopo la predominanza delle tastiere, ecco la chitarra di Trabanelli, torna la voce di Chendi, ed infine si chiude con un passaggio all’interno del folk; ottima soluzione.
Il penultimo brano è Chita, soprannome, in alcuni dialetti del nostro paese, che indica di solito l’amica del cuore, la sorella maggiore o la donna con cui ci si confida. A condurre le danze è la bella voce di Ambra Bianchi, davvero notevole; si tratta di un brano descrittivo, un‘ennesima ballad mid time, pur se non mancano aperture e stacchi di prog sinfonico; nella parte finale i vocalizzi Bianchi, sostenuti soltanto dalla batteria, hanno un eco di world music.
E si conclude questo lavoro della band ferrarese con Storie perdute, dove un ipotetico cantastorie riepiloga quanto si è fin qui raccontato nell’album, suggerendo spunti per l’ascolto del disco, con un piglio cantautorale.
Un modo originale della band per portare a compimento questa prova discografica di rilievo che in quest’inizio dell’anno si pone subito all’attenzione degli amanti del genere.
Echi di molte influenze del passato si apprezzano; d’altronde il prog è contaminazione, ed allora molto è plausibile in quest’ambito, sempre che che sia presentato con gusto.
Che prog rock sia!!!

Il grande Rock Progressivo Italiano nel nuovo concept del sestetto ferrarese. Un ritorno all’insegna di vicende di emarginazione, ribellione e speranza. A tre anni di distanza dall’apprezzato debutto, il disco esce con la storica Minotauro, distribuzione Virgin
Un’altra mano di carte: le storie prog dei Limite Acque Sicure

Se il nostro Rock Progressivo ha ricevuto sin dagli anni ’70 attenzioni anche all’estero grazie alle note band come Premiata Forneria Marconi, Orme e Banco Del Mutuo Soccorso su tutte, sino giungere ai nostri giorni ancora vivo e vegeto, allora di base significa che si è saputo creare qualcosa di veramente valido. Anche questi nomi particolari come Raccomandata Ricevuta Ritorno, Biglietto Per L’Inferno, Rovescio Della Medaglia etc. conducono un fans del genere a capire che trattasi di Rock Progressivo, un modus operandi che difficilmente fallisce l’obiettivo. Questa (chiamiamola così) tradizione, è valida sino ai nostri giorni, leggere un nome come Limite Acque Sicure conduce immediatamente la mente a questo mondo fatto di cambi di tempo e di lunghi brani ricolmi di tastiere.
La band di Ferrara nasce proprio come band tributo al Banco Del Mutuo Soccorso, Orme e Premiata Forneria Marconi nel 2005, ma esordiscono nel 2022 con l’ottimo album omonimo che vi consiglio di andare a rispolverare. Il sestetto formato da Andrea Chendi (voce), Ambra Bianchi (flauto, voce, arpa), Antonello Giovannelli (tastiere), Luca Trabanelli (chitarre), Paolo Bolognesi (batteria), e Francesco Gigante (basso), proseguono imperterriti dopo due anni per il loro incontaminato cammino.
Attraverso personaggi che raccontano la propria esperienza di vita, “Un’Altra Mano Di Carte” tocca persino tematiche politiche, argomento non molto trattato in quest’ambito sonoro, a testimonianza di un impegno lirico sicuramente non scontato su cui poter riflettere.
Sono gli otto minuti e mezzo di “Joker” a mettere immediatamente in chiaro l’intento della band, un intreccio di chitarre elettriche e tastiere che formano un muro sonoro enfatico su cui lasciare andare la mente. Passato e presente si fondono in un gioco piacevole che farà sin da subito la gioia degli estimatori del Prog. Ottimo l’uso delle coralità maschili e femminili che si alternano a passaggi di piano maggiormente riflessivi. I Limite Acque Sicure mostrano sin da subito la volontà di non scendere a compromessi, rispettando tutti i canoni del caso.
Ulteriore conferma giunge da “Il Racconto Di Juan Della Sua Terra” dove i fiati riportano al medioevo per poi lasciare campo alla classica staffetta chitarra/tastiere. Buona la sezione ritmica, raffinata e mai invadente. Qui le Orme sono maggiormente presenti, un brano fresco su cui poter cantare con loro.
“Natale 1914” ha un fascino particolare, questa mini suite di dieci minuti alterna ballata alla Banco (R.I.P.) a passaggi in modalità Genesis, il tutto costruito su testi profondi e riflessivi accompagnati dalla splendida vocalità di Ambra Bianchi. Il meglio giunge nel finale attraverso una centellinata nota di piano sgocciolata sopra un arpeggio di chitarra toccante, dove ancora una volta fanno capolino le Orme, grazie anche alla bella voce di Andrea Chendi. “Non Il Bergerac” prosegue questo sentiero con classe, un tuffo nella metà degli anni ’70. “Chita” ha uno charme esotico ammaliante, suadente e commovente come lo sguardo di una donna mediterranea che ha scolpita negli occhi la durezza della propria vita. Ancora una volta ottima l’interpretazione di Ambra Bianchi. Finale degno con “Storie Perdute”, vigorosità Trip miscelata al Prog più moderno.
Non finirò mai di ringraziare e decantare le gesta di band come i Limite Acque Sicure, portabandiera di uno stile che fra alti e bassi di notorietà sembra distante dal voler porre la parola fine alla propria esistenza. Viva il Prog italiano! MS


È con piacere che riceviamo e stiamo ascoltando il secondo album della band Progressive Rock Italiana Limite Acque Sicure. Dopo il convincente album di esordio, questo nuovo lavoro intitolato “Un’Altra Mano Di Carte” è uscito il 24 gennaio 2025 tramite Minotauro Records e contiene 6 tracce. I suoni di tastiera elettronica aprono l’album e “Joker”, ci immerge immediatamente nelle sonorità progressive della band. Un mix granitico di tastiere e chitarra su una sezione ritmica solida ed elaborata, ricca di cambi di tempo. Le texture sono elaborate e trasportano le atmosfere dell’età d’oro del Prog in un contesto moderno e decisamente personale. Le voci sono calde ed espressive, ricordano i cantanti dei primi anni ’70, con ritornelli corali che intrecciano voci maschili e femminili. In un susseguirsi di parti cantate e intense sezioni strumentali, tra aperture sinfoniche e passaggi più elaborati, il brano ci porta dritti all’esplorazione delle piacevoli sonorità Prog della band. Atmosfere sognanti e dolci melodie di fiati aprono “Il Racconto Di Juan Della Sua Terra”, prima di trasformarsi in un solido ed elaborato pezzo prog con un synth di spicco. Le tastiere guidano il suono nella prima parte, nelle strofe vocali il suono è più morbido con arpeggi di chitarra e una voce significativa e incisiva. I ritornelli corali caratterizzano anche questo pezzo, sviluppato in un continuo crescendo di intensità, che culmina in una prolungata sezione strumentale che ci accompagna per tutta la parte centrale del brano. Con il ritorno della voce per le ultime strofe, il brano si conclude. Il brano più lungo dell’album, “Natale 1914”, che supera i 10 minuti di lunghezza, si apre con una marcia di batteria. La band sfrutta la lunga durata per far evolvere il tema centrale del brano attraverso intense e sofisticate texture strumentali che esaltano l’interazione di chitarra e tastiere. La voce è calda ed espressiva, con un piacevole intreccio di voci maschili e femminili, alternate alle parti strumentali. Un ottimo brano di Progressive che racchiude al suo interno riferimenti alle varie epoche del genere, accomunati dallo stile personale della band. In un susseguirsi di fraseggi raffinati e parti cantate, il brano scorre molto piacevolmente, esaltando la tecnica compositiva ed esecutiva della band. “Non Il Bergerac” presenta un prolungato intro sognante di pianoforte, che culmina in un brano intenso con una voce profonda. L’intensità aumenta con il passare dei minuti, sviluppandosi in una sezione strumentale nella seconda parte con la chitarra solista come protagonista. Con il ritorno della voce, il brano si conclude, un passaggio più morbido dei precedenti, ma comunque molto intenso. Arpeggi di chitarra e un’intensa voce femminile caratterizzano l’intro di “Chita”, un brano che mostra un sound intriso di sapori mediterranei. Atmosfere malinconiche permeano il brano, con l’intensa voce femminile al centro della scena con piacevoli texture pianistiche in un crescendo musicale continuo. Alternando sonorità classiche della band con un tocco di musica tradizionale dell’area mediterranea e una prova vocale di assoluto livello, il brano ci mostra un’altra sfaccettatura del suo sound, esaltandone le origini. L’album si conclude con la grintosa “Storie Perdute”, che torna a sonorità Prog più classiche con un tocco Heavy. Le miscele di chitarra e tastiera uniscono tradizione a sonorità moderne, con voci maschili calde ed espressive a interpretare i testi. I cambi di tempo sono un valore aggiunto al brano, così come le texture strumentali, elaborate e molto intense. In un continuo alternarsi di parti cantate e sezioni strumentali, il brano conclude questo splendido album, lasciandoci la voglia di riascoltarlo in futuro. Una band che conferma quanto di buono ascoltato e apprezzato in precedenza nella nostra recensione. Un sound Progressive Rock italiano che riporta le sonorità storiche degli anni ’70 in un contesto moderno e marcatamente personale. Buone texture strumentali si alternano a parti vocali espressive, creando lunghi brani ben composti ed eseguiti. Un ascolto consigliato a tutti gli amanti delle sonorità classiche del Progressive Rock italiano, riproposte con un tocco moderno e personale.

Dire che il primo album dei Limite Acque Sicure, uscito nel 2022, mi ha dato grandi soddisfazioni è un eufemismo. Questa rivisitazione del rock progressivo italiano degli anni ’70, con un pizzico di modernità, aveva paradossalmente un lato rinfrescante ed emozionante, come una boccata d’aria fresca che ricordava i bei tempi.
Ecco il secondo lavoro del gruppo: Un’altra mano di carte , concepito da sei musicisti (gli stessi) ma anche da sei personaggi, uniti sotto l’insegna Limite Acque Sicure per raccontarci sei storie significative, splendidamente musicate.
Limite Acque Sicure ci sorprende con l’imponente riff heavy metal che apre “Joker” e l’album stesso. Il seguito del titolo dark e gotico si trasforma in una sorprendente epopea di dark prog illuminata da esplosioni di sintetizzatori. “Il racconto di Juan della sua terra” si riallaccia a questo melodico e splendente prog sinfonico italiano con qualche passaggio molto nervoso come bonus che dobbiamo a Luca Trabanelli decisamente molto vivace alla chitarra elettrica, un pezzo che mi ricorda La Torre dell’Alchesmista, insomma il meglio del meglio per me. Sebbene “Natale 1914” sia più da classificare in una vena neo prog, LAS imprime comunque il suo stile con una parte centrale – strumentale – che decolla davvero nonostante un tempo relativamente pesante. Con la sua linea vocale così caratteristica e il suo suonare la tastiera a scatti e martellante, dovremmo menzionare il Banco del Mutuo Soccorso per “…non il Bergerac”? Senza dubbio, ma anche qui il gruppo porta il suo tocco personale con una sezione finale davvero sbalorditiva. Ancorato alla lontana tradizione del canto popolare del bacino del Mediterraneo, “Chita” è comunque incredibilmente moderno. Le esplosioni vocali di Ambra Bianchi trasportate dalla chitarra ardente di Trabanelli sono semplicemente mozzafiato. Ma il meglio è nell’ultima parte del pezzo. La performance vocale di Ambra è spinta al parossismo qui, con un raddoppio delle sue linee vocali, ma anche con un accompagnamento strumentale meticolosamente pensato, il lavoro sulle percussioni è fenomenale, tanto da renderlo un momento unico e di grande intensità. Non ho paura di scriverlo: solo il prog italiano è capace di offrire un pezzo di tale bellezza e profondità. Con “Storie perdute” torniamo al prog sinfonico più convenzionale. Ma questo è decisamente devastante e inarrestabile, e può facilmente competere con il miglior Banco. Inoltre, oggi il gruppo può essere considerato il discendente naturale della BMS, il che è un grande onore.
Il 2025 è appena iniziato e Limite Acque Sicure regala già un primo momento clou del prog italiano. . Con questo secondo album il gruppo ferrarese ha fatto più che confermare. Si afferma come un riferimento essenziale per l’attuale RPI, ma pone anche un’asticella molto alta per il picco di fine anno.
(2022) Limite Acque Sicure


Tradotto come “Safe Water Limit”, il gruppo Limite Acque Sicure è nato a Ferrara nel 2005 per iniziativa di Andrea Chendi (voce) ed Antonello Giovannelli (tastiere), ed a questo si sono aggiunti Luca Trabanelli (chitarre), Paolo Bolognesi (batteria), Francesco Gigante (basso) e più recentemente Ambra Bianchi (flauto, voce, arpa). Sicuramente un gruppo molto competente, con molti elementi originali nel loro sound, che riconosce il proprio debito con le influenze del passato e, nel tentativo di dimostrarlo (e dimostrare il proprio talento musicale), ha creato la propria versione del classico del Banco del Mutuo Soccorso “Il giardino del mago”, presentato qui come registrazione di un concerto dal vivo e, straordinariamente, lo realizzano con molto più successo rispetto alle successive versioni del Banco che ho ascoltato. a parte questo, però, i Limite Acque Sicure complessivamente non assomigliano affatto al Banco, avendo di più in comune con gruppi degli anni ’90 come Calliope, Il castello di Atlante, o talvolta Nuova Era. Nel complesso è un debutto molto promettente, con un lavoro strumentale molto abile e complesso ed anche con un ottimo cantante!



Originariamente nata come cover band italo rock, la formazione Limite Acque Sicure, fondata nel 2005, ha recentemente pubblicato il loro debutto omonimo. Il concept album, ispirato alla filosofia del cambiamento umano e artistico, convince su tutta la linea. I Limite Acque Sicure sono chiaramente influenzati dal classico Italo-Prog. Non a caso il disco contiene una fortunatissima versione live cover del lungo brano Il Giardino Del Mago del Banco del Mutuo Soccorso. Ma anche il materiale musicale degli italiani è convincente. Tipici British (Neo-) e Italo-Prog sono intrecciati in modo molto elegante con elementi classici e alcuni passaggi di chitarra più duri. I suoni sognanti di flauto e arpa fanno parte del repertorio tanto quanto le meravigliose cascate di tastiere. Le composizioni sono varie e melodiche. Anche il cantante principale Andrea Chendi ha una voce gradevole. Canta in italiano, ma senza pathos esagerato. Inoltre, c’è un suono arioso e trasparente. Limite Acque Sicure può essere caldamente consigliato a tutti gli amanti dell’Italo melodico e del Retro Prog. È un album di successo a tutto tondo








Limite Acque Scure – Limite Acque Sicure
Ferrara è una città di straordinaria bellezza, segnata dal tocco del Rinascimento, arte onnipresente, lo splendore scolpito nelle sue mura da Petrarca e Copernico. Qui si sono svolte le scene di “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart ed è nato il famoso creatore di “Blowup” e “Deserto rosso” – Michelangelo Antonioni. La città della musica e delle persone che la creano. Qui la sera sa di marzapane e il tramonto stende per le strade fantasiosi mosaici colorati con i colori delle stagioni.
Uno dei filosofi una volta disse: “L’arte genera arte…”. Forse è per questo che ci sono posti nel mondo in cui grandi band spuntano dai semi del talento. Nascono, si sviluppano, per liberare un giorno le loro ali dal bozzolo delle fascinazioni musicali e andare libere.
L’anno 2005 è stato significativo per Limite Acque Sicure, è la data della loro nascita. Il gruppo era formato da due musicisti, e si è svolto nella bellissima Ferrara. Vivevano nelle vicinanze, ma non sapevano dell’esistenza l’uno dell’altro. Andrea Chendi mise un annuncio sulla rivista musicale che allora pubblicava e Antonello Giovannelli rispose. I signori costituivano il nucleo del gruppo, che doveva eseguire canzoni dal repertorio di band progressive italiane, in primo luogo l’amato Banco Del Mutuo Soccorso e PFM. La formazione finale di sei uomini ha iniziato a prendere forma dal 2009.
Il 2016 è stato un anno di svolta: hanno iniziato a pensare alla propria musica originale e a collezionare lentamente composizioni. Alcuni di loro hanno le loro radici negli anni precedenti, altri sono stati creati sotto l’influenza di un impulso – l’ispirazione che ha acceso la fiamma della passione creativa. Erano già sei allora, e lo sono ancora oggi: Andrea Chendi (maestro di violoncello e canto) – dotato di una voce molto interessante – stava dietro al microfono. Antonello Giovannelli è responsabile dei suoni delle tastiere (organo, pianoforte, sintetizzatori). Ambra Bianchi è un’artista che mette le ali alla musica con la sua brillantezza di voce, flauto e arpa. Luca Trabanelli è un chitarrista poliedrico con una notevole esperienza non solo nell’ambito della musica classica, ha suonato anche ritmi più forti (Hocculta). Paolo Bolognesi – ottimo batterista (studiò con il M° Mauro Gherardi e Stefano Peretto). E il fantastico Francesco Gigante al basso.
Ci sono voluti diversi anni perché l’idea di pubblicare un album con composizioni originali si consolidasse ed arrivasse a compimento. L’album, intitolato come il nome della band – “Limite Acque Sicure” (“The End of Safe Water”) ha visto la luce il mese scorso – 14 ottobre 2022. L’album è composto da sei brani originali della band e da una cover, che è un omaggio al gruppo Banco del Mutuo Soccorso – si tratta di una registrazione de “Il giardino del mago” in versione live.
L’album è un concept: è un viaggio nel tempo e nello spazio, un viaggio attraverso la terra dei ricordi e degli stati d’animo, attraverso ciò che cresce in noi nel corso degli anni, attraverso il mondo emotivo dei sentimenti e delle emozioni. Camminare su un tappeto di foglie portate dal vortice dei desideri e dell’immaginazione umana. Così è la vita: in continuo movimento attraverso luoghi, stati d’animo, immagini riprodotte da un proiettore di memoria, frammenti strappati di lettere, pagine di un diario. Tutto ciò crea il nostro passato e influenza il momento presente. Oscura la nostra realtà. Camminare e scoprire nuovi sentieri è una sfida, predatoria come il pianto di un neonato – pieno di desiderio per ciò che è più bello – la vita.
Creare musica e registrare materiale ha richiesto molto tempo al gruppo, principalmente a causa della pandemia e delle restrizioni che ne derivano, ma come disse Fryderyk Chopin: “Il tempo è la migliore censura e la pazienza è l’insegnante più perfetto”. Spesso questo migliora le cose. È simile al consumo di musica, un piatto estremamente squisito che richiede un palato delicato. Il tempo sensibilizza i nostri sensi, ci permette di notare dettagli e sottigliezze che danno un colore specifico e lucidano l’immagine che vediamo.
L’album inizia con una nobile brezza d’Oriente – i dodici minuti di “Sogno d’Oriente” ed è un sogno meravigliosamente sognato ad occhi aperti, pieno di colori e dal sapore amaro della realtà. Questa non è una canzone normale. È una storia di coloro che, per necessità o volontà di realizzare i propri sogni di una vita migliore e più sicura, un mondo privo di ansia di guerre e morte, decidono di emigrare dalla propria terra. Li attende un destino pieno di sorprese, incertezza del domani e rischio. Non sanno quale mondo si nasconde dietro le porte chiuse del destino. Un inizio folle della storia, vestito dell’atmosfera di armonie orientali, batteria espressiva e voce di Ambra Bianchi. Un’aura intrisa di profumo di anice e noce moscata, vento di cannella e una chitarra su cui Luca crea una poesia musicale. Sofisticati cambi di umore, ritmo, tastiere morbide e la voce di Andrea Chendi riflettono l’aura di questa storia. Un sorprendente intreccio di fili di sentimento moderno, jazz con l’atmosfera di “Racconti da mille e una notte”.
“Il passare degli anni è un inevitabile viaggio nel tempo…”- queste sono le parole che riflettono il contenuto del secondo brano “Terra straniera”. Questo è un altro viaggio ai tempi della nostra infanzia e giovinezza. Ad una casa paterna che ha cambiato volto. Il tempo può essere amico e nemico. Una cosa è certa, non può essere ingannato, corrotto o fermato… Il bel pianoforte ci conduce nei corridoi delle emozioni, la voce e il flauto che solleva il polline dai calici dei fiori. La chitarra sottile si unisce a questa processione di suoni. Il coro è cantato in duetto da Andrea e Ambra. Questa sottile cena musicale non poteva essere completa senza un gustoso assolo di Luca Trabanelli.
“Il respiro dell’anima”, è un’opera contrassegnata con l’indice 3. È un altro capitolo della storia del libro dell’umanità. L’importanza e il ruolo della madre nella famiglia italiana è innegabile. Questa canzone tocca il tema frenetico del rispetto, dell’amore e del rapporto tra le generazioni. È una composizione molto ritmata con una sezione ritmica prominente e una bella linea vocale.
“Antico mare” è uno sguardo alla storia di città che hanno lasciato tracce indelebili nel nostro presente, in luoghi che sono monumenti della storia dei bacini egei e mediterranei, che furono ponte tra culture diverse. Il suono delle onde che rimbalzano sulla riva, le cicale che mormorano nel loro linguaggio degli insetti, le vibrazioni del flauto sono incredibilmente affascinanti e mistiche nella loro fioritura. Profondità musicale di segreti non penetrati dalla curiosità umana. Ci sono molti strumenti a percussione qui: battenti, campane, cimbali, rullanti, nacchere e naturalmente un flauto e un’arpa meravigliosi.
Quando la trappola del tempo si chiude e tutto sembra perduto, il nostro equilibrio interiore rimane. Armonia nel tempio della nostra interiorità, un altopiano nella sfera dei sentimenti e dei desideri, riconciliarsi con le emozioni che si congelano nelle fessure della nostra anima è il motto che ci conduce attraverso un’altra terra musicale: “Fiamme intorno”. Amo i contrasti con cui Limite Acque Sicure ci sorprende: un sofisticato flauto e dopo un po’ duri riff di chitarra o pazze batterie che si intrecciano con l’oceano di tastiere. L’organo risuona integrandosi con il suono della chitarra.
Il già citato “Il giardino del mago” è un omaggio agli idoli dei componenti della band – musicisti del gruppo Banco del Mutuo Soccorso, che è una vera e propria leggenda della scena progressive italiana. Pochi giorni fa è stata data loro tra le mani una delle prime copie di questo album durante un concerto a Ferrara. Deve essere stato un incontro meraviglioso per entrambe le parti.
Alla fine, compare la composizione “Ti salverà”. “Segui la stella che brilla di più (…) Segui l’alto ideale per non perderti nella vita…” – questo è il leitmotiv di questa composizione. È fede perseverare nella lotta per la propria identità e per i propri valori. Un finale breve e carino di soli due minuti e undici secondi. Versi di chitarra inscritti nella morbidezza del flauto e delle voci. Annegando in un oceano di calma, come un faro solare.
“Limite Acque Sicure” è un album di musica da assaporare con lentezza, sensibilità e senza fretta. Devi trovare il tempo per lei, perché ne vale la pena…
Le petit monde du Rock Progressif Italien

(libera traduzione dal francese) Molto spesso, quando devo iniziare a scrivere su un album, mi pongo la domanda su come affronterò la cosa. Almeno con Limite Acque Sicure, la band mi ha reso le cose molto più facili. Dichiarandosi inizialmente cover band del Banco del Mutuo Soccorso, la formazione ferrarese arriva al punto di riprendere l’immensa epopea de “Il giardino del mago” nel suo primo album in uscita in questi giorni. Infatti, i cenni alla band romana sono innumerevoli in questo disco, a cominciare dalla magnifica introduzione pianistica di “Terra Straniera”.
Ma, poiché da un lato “essere ispirati non è copiare” e dall’altro i membri dei Limite Acque Sicure si ispirano ai loro riferimenti mentre suonano la propria musica, ascolteremo e analizzeremo questo album con il senno di poi e la necessaria imparzialità. Vedrete che così faremo benissimo!
Contrariamente a quanto si possa immaginare, Limite Acque Sicure non è uscito dal nulla. In realtà il gruppo esiste già da più di quindici anni, anche se l’attuale formazione, in sestetto, risale al 2016. Provenienti da background piuttosto diversi (rock, fusion, classica e persino metal), questi musicisti convivono in Limite Acque Sicure, ognuno portando e mantenendo la propria specificità artistica, ed è questo che contribuisce alla ricchezza della musica prodotta dal gruppo.
Va precisato che Ambra Bianchi è una nota flautista concertista con un curriculum piuttosto incredibile, mentre Luca Trabanelli è invece un esperto chitarrista proveniente dal metal, ex Hocculta (e già vi posso dire che si può davvero percepire sulle parti di chitarra!).
Il gruppo, fondato da Andrea Chendi e Antonello Giovannelli, ha eseguito dapprima brani del Banco del Mutuo Soccorso prima di costruirsi progressivamente un proprio repertorio, pur rimanendo nello spirito del Banco.
Arrivato il momento, cioè quasi vent’anni dopo, i sei musicisti finalmente iniziarono a elaborare il loro album che porta il nome del loro gruppo e che vuole essere “concept”, sulle diverse forme di viaggi, immaginari e di vita (sapete che non mi soffermo mai sui concetti e raramente sui testi).
Di certo “Sogno d’Oriente”, il brano d’apertura dell’album, sarebbe piaciuto a Rodolfo Maltese e Francesco Di Giacomo, poiché i suoi accenti arabi ricordano INDACO, con comunque una progressione verso qualcosa di più moderno. È forse la canzone più accessibile del disco con un tempo semplice e accordi principalmente nel modo maggiore. Ma il timbro è molto deciso e il lungo intermezzo strumentale, a due terzi del percorso, è già un primo grande successo con questa costruzione basata su linee del folklore mediterraneo che muta in un susseguirsi di ritornelli tipici del prog metal (synth e chitarra).
“Terra straniera” è la composizione più vecchia, dal momento che risale al 2007. Senza ridondanze e senza alcuna dimostrazione inutile, il gruppo riesce comunque a pubblicare un brano apparentemente ispirato alla tradizionale forma canzone, di grande intensità. Il magnifico lavoro sul raddoppio delle voci ovviamente non è cosa da poco.
Più esuberante risulta invece “Il respiro dell’anima” con i suoi passaggi apertamente rock e le sue variazioni ritmiche che alternano pause e accelerazioni. Qui siamo in un registro quasi FM che stona un po’ ma che ci sta.
Ovviamente il ritorno al romanticismo esibito con la rilassante apertura all’arpa della bellissima canzone “Antico mare” abbassa momentaneamente la temperatura. Ma la tregua è di breve durata perché l’ultima parte del pezzo ha in serbo per noi dei voli di chitarra elettrica assolutamente maestosi.
Finora non abbiamo parlato molto degli aspetti progressive di questa musica, che però non mancano, tutt’altro. Ma potremmo riservare questo focus a “Fiamme intorno” perché lì abbiamo più di dieci minuti di assoluta felicità con un susseguirsi di temi collegati, passaggi cantati e parti strumentali, con così tanti colpi di scena che fanno di questo pezzo un vero momento di musica progressive in tutta la sua gloria e in tutto ciò che di avventuroso ed eccitante il rock progressive può portare.
Omaggio inevitabile o mancanza di materiale, il gruppo ha ritenuto opportuno presentare poi una propria interpretazione de “Il giardino del mago”. Può non sembrare, ma i quasi sedici minuti di questo pezzo epico sono una vera sfida tecnica che richiede, da parte di tutti i musicisti, assoluta precisione nell’esecuzione e totale impegno per ottenere una resa che sia potente e definitiva come l’originale, con anche alcune libertà prese come questa lunga introduzione magica dell’arpa.
Ve lo dico e ve lo affermo: missione riuscita per il gruppo che ne esce con grande onore e con una menzione speciale per l’ottimo lavoro sulla dualità voce maschile/voce femminile che apporta un innegabile valore aggiunto all’insieme.
A proposito, in questo pezzo Andrea Chendi è davvero dentro lo spirito del suo modello fino ad averne gli stessi accenti. Un bel momento. E tutto questo dal vivo, quindi senza rete!
Volenti o nolenti, il gruppo chiude con un breve pezzo, “Ti salverà”, che potrebbe evocare una propria visione di “Traccia” anche se musicalmente si pensa piuttosto a un rimaneggiamento di brani folk pop di Osanna e Delirium dall’inizio degli anni Settanta. Visto che abbiamo citato il Banco un po’ più del previsto su questo finale dell’album, una cosa è chiara: per tornare un’ultima volta all’accostamento ad un (molto) noto gruppo romano, è chiaro che gli studenti, senza andare al di là del maestro, sono almeno uguali a lui, se mi attengo alle due recenti offerte discografiche della formazione in questione.
Posso dirvi che è passato molto tempo da quando un album mi ha dato tanto piacere da ascoltare, un album fatto senza pretese e che tuttavia rivela una musica essenziale, un album che racchiude un riassunto di cinquant’anni di prog italiano, il più classico e purissimo, prendendo di sfuggita il meglio degli anni Settanta ma anche quello che c’era da ricordare degli anni ‘80 (tralasciando il resto!) e includendo la modernità del periodo rinascimentale, quindi post anni ‘90.
In sintesi, abbiamo qui un album che merita di essere inserito tra le migliori produzioni del genere, che comunque non è poco!
PROGROCK
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2022/10/limite-acque-sicure.html
Il Rock Progressivo Italiano nel 2022 gode ancora di buona salute, affezionati ascoltatori e numerosi musicisti si contengono il lauto pasto per la mente con vigoroso piacere. La storia si tramanda, si ripete, tuttavia ogni volta con un’aggiunta personalità. Le mode sono inesorabili, giustamente si susseguono passandosi la staffetta dell’evoluzione, ecco quindi la passione che travalica la banalità. I Limite Acque Sicure nascondono nel proprio nome la chiave della volontà di osare sempre un qualcosa di più, pur mantenendo le basi solide dell’insegnamento passato. Uscire dal confine della sicurezza è arma a doppio taglio, ma la preferita del Prog fans.
I limite Acque Sicure si formano nel 2005 eppure esordiscono soltanto oggi con questo concept album dal titolo omonimo. Nascono come band tributo di Banco Del Mutuo Soccorso, Orme e Premiata Forneria Marconi e nel 2016, diventano sestetto con elementi provenienti dalla fusion e dal Metal oltre che dal Rock classico, chiave della loro intrigata personalità.
Sono di Ferrara e sono composti da Andrea Chendi (voce), Ambra Bianchi (flauto, voce e arpa), Antonello Giovannelli (tastiere), Luca Trabanelli (chitarre), Paolo Bolognesi (batteria) e Francesco Gigante (basso).
Sei le composizioni originali e una cover, quella de “Il Giardino Del Mago”, band iconica dal nome Banco Del Mutuo Soccorso. Le premesse per un bell’ascoltare ci sono tutte.
Il violino parte nelle atmosfere arabeggianti di “Sogno D’Oriente”, il vociare ci conduce per le strade di un mercato, almeno così è per la mia fantasia e poi nel proseguimento s’introducono tutti gli strumenti, voce annessa. Essa non si discosta poi di molto da quella di Aldo Tagliapietra (Orme), anche la musica ha il sapore del Prog Italiano vintage. I testi trattano il bisogno di emigrare per trovare un mondo migliore e ricominciare, problema sempre attuale sin dai tempi dei tempi. Trattasi di mini suite grazie ai quasi tredici minuti. Buoni gli interventi della chitarra elettrica dopo un ritornello gradevole oltre che scorrevole, e non mancano neppure passaggi di tastiere nel Neo Prog targato IQ. Da rilevare anche il lavoro importante svolto dal flauto per la riuscita dell’insieme.
“Terra Straniera” è il primo brano composto nel 2006/2007, questa volta è il Banco Del Mutuo Soccorso a essere preso come faro illuminante, anche per quello che concerne l’intro di pianoforte. Sentirsi stranieri nella propria terra è il fulcro focale del testo mai banale. La band si trova perfettamente ad adagio durante le partiture strumentali, alternando assoli a parti vocali espresse nel finale anche a doppia voce femminile, maschile.
Da bravi italiani non possiamo esimerci dal trattare anche l’argomento della mamma, “Il Respiro Dell’Anima” è dedicata proprio a lei. Si ritorna nel mondo delle Orme per esprimere queste calde parole su di una musica che alterna fasi più concitate a momenti maggiormente riflessivi. Altro argomento trattato nella musica colta italiana è quello della storia dei popoli, dove il mare accomuna molte culture. Accomuna ma può anche dividere fra battaglie e sangue, la musica qui accompagna il concetto, questa volta nella formula canzone. Maggiormente introspettiva è “Fiamme Intorno” e il Prog torna a farsi sentire in tutto il suo regale splendore.
La cover de “Il Giardino Del Mago” mette in tavola tutte le capacità tecniche di questa formazione oltre che lo smisurato amore per il genere. Questa canzone non è semplice da eseguire e gli esperti in campo saranno d’accordo con me, tuttavia i Limite Acque Sicure bene si muovono nel contesto fornendo una prestazione più che lodevole.
Il debutto si conclude con l’acustica “Ti Salverà”, come cantava Tagliapietra, alzare lo sguardo verso il cielo per guardare una stella e seguire il suo brillare che ci salverà, almeno così ci piace pensare. Una canzone folcloristica quasi in stile Delirium anni ’70.
Storia e attualità presenti all’unisono in “Limite Acque Sicure”, rispettose di un genere che mai finirà fino a quando band come queste continueranno a formarsi. Prog DOC. MS
RADIOCOOP
https://www.radiocoop.it/limite-acque-sicure-st/?fbclid=IwAR19xt6qG00x7s9GMMxxeagk96XAcdKezTGyH9HsfziQzOgGieGCOdipbLA
Esordio per il sestetto ferrarese con un lavoro all’insegna del prog rock italiano più classico, quello che va dal Banco alla PFM, dalle Orme alla Locanda delle fate. Sonorità e portamento solenni, grande attenzione alla parte melodica, in un un concept album ispirato alla filosofia del cambiamento. A suggello una riuscitissima versione live de “Il giardino del mago” del Banco. Album decisamente di grande qualità, sicuramente apprezzatissimo dai cultori del genere.
media & sipario
I Limite Acque Sicure debuttano discograficamente con un progetto veramente interessante, frutto principalmente di progressive, ma con venature hard rock che sicuramente non guastano
OrizzontiProg
«Quello che abbiamo assorbito dal mondo del progressive, e che crediamo possa sintetizzare la caratteristica del nostro approccio con la musica, è l’imprevedibilità, il rifiuto del banale. Che non significa automaticamente dover ricercare soluzioni artificiose o inutilmente complicate per il solo gusto di apparire originali; significa piuttosto raccontare storie che abbiano significati concreti e forti, nelle quali ciascuno possa ritrovare elementi della propria esperienza, veicolati da soluzioni musicali alle quali non abbiamo imposto vincoli né modelli».
Una dichiarazione significativa, quella con cui i Limite Acque Sicure presentano il loro album d’esordio Limite Acque Sicure (Minotauro Records) e più in generale il loro modo di intendere la musica: una visione “altra” che dalla grande esperienza storica del progressive ha preso lo spirito avventuroso, il desiderio di andare oltre gli steccati, la voglia di raccontare storie. Quelle che animano Limite Acque Sicure, un concept album ispirato alla filosofia del cambiamento, del rischio, dell’evoluzione, umana e artistica. L’album attraversa, brano dopo brano, temi come «il cambiamento della consapevolezza di sé stessi, della percezione del rapporto con il proprio mondo, del viaggio vero e proprio, della necessità di soddisfare i bisogni fondamentali della vita. Il concetto di evoluzione si estende anche a livello di civiltà, oppure nel sentimento umano, come quello di una madre per i propri figli, percorso faticoso, sempre oltre il limite».
Nati nel 2005, strutturati in quintetto dal 2009 e nella formazione definitiva a sestetto nel 2016, i membri della band di Ferrara hanno provenienze e orizzonti diversi, dal metal alla fusion, dalla classica al rock, ma proprio questo è il segreto della loro formula. «Il gruppo è un’area di confronto, le diverse esperienze musicali rappresentano una preziosa risorsa alla quale abbiamo continuamente attinto. I brani rappresentano la sintesi o meglio la possibilità di coabitazione sotto lo stesso tetto. Nessuno di noi ha rinunciato alle personali tendenze e sensibilità, che probabilmente sono individuabili senza troppe difficoltà da un ascoltatore attento».
Classico album di rock progressivo italiano appassionato, melodico, travolgente ma anche ben architettato e lavorato, Limite Acque Sicure attinge ad un’ampia tavolozza di suoni e colori, ma anche – su tutti – al mito del Banco del Mutuo Soccorso, il cui repertorio era alla base del primo nucleo del gruppo. Nell’album spicca infatti un rifacimento della suite Il Giardino del Mago, che ha da poco compiuto 50 anni: «È stata una grande soddisfazione ed un grande onore eseguire la musica del Banco, che è stata da stimolo anche in questo nostro, chiamiamolo così, passaggio evolutivo verso un impegno in prima persona, con una proposta musicale originale. Il giardino del mago è uno dei brani più significativi di tutta la storia del progressive, e uno dei più sfidanti dal punto di vista esecutivo. Non solo e non tanto dal punto di vista tecnico, ma soprattutto di interpretazione, di atmosfera. Abbiamo cercato di esaltare il senso di attesa, di mistero, di smarrimento che pervade e caratterizza tutto il brano, affrontando le difficoltà, anche di esecuzione dal vivo, con tutta la cautela ed il rispetto che è doveroso ed inevitabile riservare alle grandi opere d’arte» (comunicato stampa).
Stellar Debut by Limite Acque Sicure
Limite Acque Sicure – Limite Acque Sicure (Minotauro Records, 2022)
It is a delight to see a constant flow of superb Italian progressive rock groups. This time, the spotlight is on a highly talented band from Ferrara, in northeastern Italy, called Limite Acque Sicure (Safe Water Limit or Border).
Although the musicians come from various backgrounds, the style is state-of-the-art Rock Progresivo Italiano, deeply inspired by masters like Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme and other greats.
Limite Acque Sicure’s vocalist has a magnificent voice that sounds surprisingly like Aldo Tagliapietra (Le Orme) although you can also find affinities with Banco and other top tier Italian vocalists.
The band plays lengthy suites that are masterfully orchestrated using an arsenal of captivating keyboards plus lovely flute, exquisite harp and a solid rhythm section. I have mixed feelings about the guitarist, Luca Trabanelli. When he solos and shreds, he does an outstanding job. However, sometimes he adds unnecessary hard and heavy rock riffs that add little value and interest to the music. Aside from that, Limite Acque Sicure’s epic pieces are truly excellent.
“What we have absorbed from the world of progressive-rock, and which we believe can summarize the characteristic of our approach to music, is the unpredictability. Which does not automatically mean having to search for artificial or unnecessarily complicated solutions just for the sake of appearing original; rather, it means telling stories that have strong meanings, in which everyone can find his own experience, with musical progresses to which we have not imposed constraints or models,” says the band.
The self-titled debut, “Limite Acque Sicure,” is a concept album inspired by the philosophy of human and artistic progress, tempting fate, and evolvement: “the change of self-awareness, of the perception of the relationship with one’s world, of the real journey, of the need to satisfy the fundamental needs of life. The concept of evolution also extends to the level of civilization, or to human sentiment, like that of a mother for her children, a tiring path, always beyond the limit.”
Formed in 2005 in Ferrara, Limite Acque Sicure became a sextet in 2016. “The group is an area of confrontation; the different musical experiences represent a precious resource on which we have continually drawn. The songs represent the synthesis, or rather the possibility of cohabitation under the same roof.”
Aside from its top-notch original material, Limite Acque Sicure also performs an extraordinary version of the Banco classic ‘Il Giardino del Mago’ (from the debut album Banco del Mutuo Soccorso). “It was a great satisfaction and a great honor to perform the music of Banco, which was very stimulant for us, it represents a step towards an original musical proposal. The suite is one of the most significant songs in the entire history of progressive, and one of the most challenging to play. Not only and not so much from a technical point of view, but above all of interpretation, of atmosphere. We have tried to exalt the sense of expectation, of mystery that pervades the whole piece, facing the difficulties, even of live performance, with all the caution and respect that it is necessary and inevitable to reserve for great works of art.”
The Limite Acque Sicure lineup includes Andrea Chendi on lead vocals; Ambra Bianchi on flute, vocals and harp; Antonello Giovannelli on keyboards; Luca Trabanelli on guitars; Paolo Bolognesi drums; and Francesco Gigante on bass.
Una grande storia progressive: debuttano i Limite Acque Sicure!
Minotauro Records pubblica il disco d’esordio del sestetto ferrarese. Prog-rock narrativo e policromo, un concept sul cambiamento con una appassionata rilettura del ‘Giardino del Mago’ del Banco
Minotauro Records pubblica il disco d’esordio del sestetto ferrarese. Prog-rock narrativo e policromo, un concept sul cambiamento con una appassionata rilettura del ‘Giardino del Mago’ del Banco Una grande storia progressive: debuttano i Limite Acque Sicure!
LIMITE ACQUE SICURE
Limite Acque Sicure(Minotauro Records)7 tracce | 66 minuti
«Quello che abbiamo assorbito dal mondo del progressive, e che crediamo possa sintetizzare la caratteristica del nostro approccio con la musica, è l’imprevedibilità, il rifiuto del banale. Che non significa automaticamente dover ricercare soluzioni artificiose o inutilmente complicate per il solo gusto di apparire originali; significa piuttosto raccontare storie che abbiano significati concreti e forti, nelle quali ciascuno possa ritrovare elementi della propria esperienza, veicolati da soluzioni musicali alle quali non abbiamo imposto vincoli né modelli».
Una dichiarazione significativa, quella con cui i Limite Acque Sicure presentano il loro album d’esordio Limite Acque Sicure (Minotauro Records) e più in generale il loro modo di intendere la musica: una visione “altra” che dalla grande esperienza storica del progressive ha preso lo spirito avventuroso, il desiderio di andare oltre gli steccati, la voglia di raccontare storie.
Quelle che animano Limite Acque Sicure, un concept album ispirato alla filosofia del cambiamento, del rischio, dell’evoluzione, umana e artistica. L’album attraversa, brano dopo brano, temi come «il cambiamento della consapevolezza di sé stessi, della percezione del rapporto con il proprio mondo, del viaggio vero e proprio, della necessità di soddisfare i bisogni fondamentali della vita. Il concetto di evoluzione si estende anche a livello di civiltà, oppure nel sentimento umano, come quello di una madre per i propri figli, percorso faticoso, sempre oltre il limite».
Nati nel 2005, strutturati in quintetto dal 2009 e nella formazione definitiva a sestetto nel 2016, i membri della band di Ferrara hanno provenienze e orizzonti diversi, dal metal alla fusion, dalla classica al rock, ma proprio questo è il segreto della loro formula. «Il gruppo è un’area di confronto, le diverse esperienze musicali rappresentano una preziosa risorsa alla quale abbiamo continuamente attinto. I brani rappresentano la sintesi o meglio la possibilità di coabitazione sotto lo stesso tetto. Nessuno di noi ha rinunciato alle personali tendenze e sensibilità, che probabilmente sono individuabili senza troppe difficoltà da un ascoltatore attento».
Classico album di rock progressivo italiano appassionato, melodico, travolgente ma anche ben architettato e lavorato, Limite Acque Sicure attinge ad un’ampia tavolozza di suoni e colori, ma anche – su tutti – al mito del Banco del Mutuo Soccorso, il cui repertorio era alla base del primo nucleo del gruppo.
Nell’album spicca infatti un rifacimento della suite Il Giardino del Mago, che ha da poco compiuto 50 anni: «È stata una grande soddisfazione ed un grande onore eseguire la musica del Banco, che è stata da stimolo anche in questo nostro, chiamiamolo così, passaggio evolutivo verso un impegno in prima persona, con una proposta musicale originale. Il giardino del mago è uno dei brani più significativi di tutta la storia del progressive, e uno dei più sfidanti dal punto di vista esecutivo. Non solo e non tanto dal punto di vista tecnico, ma soprattutto di interpretazione, di atmosfera. Abbiamo cercato di esaltare il senso di attesa, di mistero, di smarrimento che pervade e caratterizza tutto il brano, affrontando le difficoltà, anche di esecuzione dal vivo, con tutta la cautela ed il rispetto che è doveroso ed inevitabile riservare alle grandi opere d’arte».
Limite Acque Sicure:
Andrea Chendi voce Ambra Bianchi flauto, voce e arpa Antonello Giovannelli tastiere Luca Trabanelli chitarre Paolo Bolognesi batteria Francesco Gigante basso
Limite Acque Scure vuole raccontare storie
Il loro album d’esordio sottolinea il modo di intendere la musica: una visione “altra” che dallagrande esperienza storica del progressive ha preso lo spirito avventuroso
Limite Acque Sicure presentano il loro album d’esordio Limite Acque Sicure (MinotauroRecords), sottolineando il loro modo di intendere la musica: una visione “altra” che dalla grandeesperienza storica del progressive ha preso lo spirito avventuroso, il desiderio di andare oltre glisteccati, la voglia di raccontare storie. È un concept album ispirato alla filosofia delcambiamento, del rischio, dell’evoluzione, umana e artistica. Limite Acque Scure è una bandche nasce nel 2005, strutturata in quintetto dal 2009 e nella formazione definitiva a sestetto nel
- I membri della band di Ferrara hanno provenienze e orizzonti diversi, dal metal allafusion, dalla classica al rock, ma proprio questo è il segreto della loro formula. C’è questaesigenza di raccontare le storie del momento storico attraverso la musica, linguaggio universalecon il quale è più semplice coinvolgere le persone.La bandClassico album di rock progressivo italiano appassionato, melodico, travolgente ma anche benarchitettato e lavorato, Limite Acque Sicure attinge ad un’ampia tavolozza di suoni e colori, maanche al mito del Banco del Mutuo Soccorso, il cui repertorio era alla base del primo nucleo delgruppo. Limite Acque Sicure è composto da Andrea Chendi voce, Ambra Bianchi flauto, voce earpa, Antonello Giovannelli tastiere, Luca Trabanelli chitarre, Paolo Bolognesi batteria,Francesco Gigante basso